In poco più di duecento pagine, Gioia di Biagio si racconta in maniera semplice e diretta descrivendo la vita di una giovane donna alle prese con la propria gioia, di cui è fatto anche il suo nome, e anche con il dolore.
Racconta della sua malattia, la rara Sindrome di Ehlers Doulos, che la rende fisicamente fragile senza toglierle mai la voglia di fare le cose che desidera; scrive dei suoi amori, delle amiche più care, della sorella Ilaria e del cane Mirò, al quale dedica la parte più commovente del libro. Scrive intorno a ciò che non ha ancora e intorno a ciò che non ha più, della morte che sembra fatta per ricordarci quanto sia preziosa la vita.
Attraverso la metafora del kint-sugi, l’antica arte giapponese che utilizza l’oro, il più nobile fra i metalli, per riparare gli oggetti di ceramica rotti, l’autrice suggerisce al lettore il valore di quel che può rinascere dopo la caduta, il danno, la rovina. E alla fine del racconto, senza troppa indulgenza nei confronti di sé stessa, l’autrice scoprirà che la sua forza non è altro che l’antica fragilità trasformata dall’oro dell’esperienza e della coraggiosa resistenza al dolore della perdita.
Così ho imparato a rendere preziose le mie cicatrici, scrive l’autrice, sottolineando ancora una volta l’importanza di onorare in maniera creativa il proprio vissuto e le ferite riportate in battaglia, anziché nasconderle.
GIOIA DI BIAGIO PRESENTA
COME ORO NELLE CREPE
MONDADORI EDITORE (2018)