Viaggio in Antartide con Elena Ioli

di Andrea Bonetti per Fenysia Live

L’immaginazione è quel confine in cui avviene la mistificazione della realtà, così da bambina Elena Ioli osservava l’Antartide sulla cartina appesa alla parete della sua camera. Fissava quella piccola striscia al confine della mappa dove risiede la Terra della Regina Maud e la curiosità la spingeva a immedesimarsi in quella regina delle nevi, in quelle terre remote e lontane circondate dal ghiaccio.

Sono partito prima dell’intravedersi del sole, in un susseguirsi di treni tra le incessanti blaterazioni al telefono e i ritardi per cui sei sicuro di perdere la coincidenza, l’unico svago è guardare il continuo mutare dei volti dei passeggeri e, fuori dal finestrino, il moto di interminabili muretti. Cesena è la destinazione e l’incontro con la fisica Elena Ioli l’obbiettivo.

Ci siamo incontrati in un bar circondato da alberi, amache e persino un piccolo anfiteatro in cui i bambini si divertono a giocare davanti ad un pubblico immaginario. Tra musica e discorsi mondani di sottofondo, Elena mi racconta della spedizione scientifica a cui ha partecipato tramite il progetto Homeward bound: un mese in Antartide su una nave con 77 scienziate provenienti da tutto il mondo: “Non è un semplice progetto di studio della scienza del cambiamento climatico l’obiettivo è quello di promuovere il ruolo delle donne e la loro leadership nel mondo tecnico-scientifico per avere un impatto positivo nella lotta al riscaldamento globale all’interno di progetti di sostenibilità ambientale. ”

Elena è una donna mediterranea, solare e accogliente, per la quale il tempo non va sprecato e che non lascia cadere lo sguardo dalla persona con cui parla. Dopo un anno di formazione virtuale ha trascorso un mese a bordo della MV Ushuaia, un’imbarcazione rompighiaccio leggera costruita negli anni ’70 come nave di ricerca americana.

La nave è salpata per l’oceano Antartico dove, immersa in due soli colori, il bianco e il blu, attracca per far visitare alle passeggere le basi scientifiche dell’Argentina (Camara e Carlini), la base Americana Palmer Station e l’Inglese Rothera Station partecipando alle attività di ricerca degli scienziati. In queste terre però l’uomo è l’ospite e non il padrone come testimonia il trattato antartico del 1958 che la definisce terra di pace e scienza. Sulla superficie arida e desolata ricoperta dai ghiacci si possono osservare pinguini e leoni marini impegnati nell’abituale lotta per la sopravvivenza, oggi resa ancora più difficile da un nuovo nemico: “Ho visto molti pezzi di plastica in un luogo come l’Antartide che siamo abituati a considerare incontaminato. Questo significa che ce né davvero tanta in circolo”. Si sposta i capelli mori dalla fronte e aggiunge: “Questo è sicuramente un brutto segnale perché la fauna la scambia per cibo commestibile”.

Tra prendere appunti, ascoltare e riflettere sulla prossima domanda mi ritrovo a non sapere come afferrare la tazzina del cappuccino a un palmo della mia mano, ma quell’impaccio mi fa tornare in mente quando preparavo il canovaccio per l’intervista e mi chiedevo come sia per una ricercatrice universitaria insegnare fisica agli adolescenti di un istituto tecnico. “Mi ritrovavo a passare dai buchi neri alla fisica di base. È un bagno nella realtà che mi tiene ancorata a quello che succede ma, d’altra parte, è una bella sfida. Era davvero un modo per testare tutto quello che io pensavo di sapere, cioè provare a trasmettere il senso della fisica, e per questo ringrazio i miei studenti.” “Si può insegnare solo quello, di cui si è fatta esperienza” aggiunge bevendo un sorso di succo e gettando un’occhiata all’orologio. “Il momento dedicato allo studio non solo delle scienze, secondo me, è un tempo che non viene più considerato di valore, essendoci troppe sollecitazioni quotidiane molto più intriganti e stimolanti che ti danno qualcosa subito, invece lo studio ripaga nell’avvenire, è come la scienza a piccoli passi. Non c’è più il tempo in cui… aspetti”.

Elena è una donna per cui il tempo da dedicare alla scienza è un principio e tra le tante cose di cui si occupa, è Editorial board alla rivista divulgativa “Sapere” da circa tre anni. Mi spiega che i redattori non sono giornalisti ma ricercatori che concorrono a creare una rivista scientifica divulgativa di alto livello ma accessibile anche a studenti dei licei. Ed è proprio questa la sfida di oggi: ricalibrare il linguaggio senza impoverire i contenuti, considerato il fatto che la comunicazione contemporanea anche quella scientifica, purtroppo sembra ormai puntare all’esatto opposto. “Una tendenza – afferma fissando un punto alle mie spalle – che, se dovesse continuare, non ci porterà verso un grande arricchimento globale. È chiaro che bisogna trovare il giusto equilibrio, un punto d’incontro. Perché la modalità con la quale raccontiamo una storia, un argomento scientifico, un’avventura è importante. A me piace quando la scienza riesce a trasmettere qualcosa di toccante.” Finito il tempo per intervistarla, la ringrazio lasciandola ai sui impegni. Resto seduto da solo nella mondanità altrui, bevendomi il cappuccino freddo preso all’inizio, perdendomi nel giocare dei bambini in festa. Non restava che riprendere il treno.

Elena Ioli parteciperò al Talk ideato e diretto da Serena Dandini NESSUNA DONNA È UN’ISOLA:UNA PER TUTTE E TUTTE PER UNA  insieme a Dori Ghezzi, Elena Ioli, Donatella Lippi, Livia Pomodoro, itziar Ituño, Carla Signoris.

 

23 SETTEMBRE – ORE 21.00
TEATRO ODEON

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA

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La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze  in via de’Pucci, 4