In dialogo con Djarah Kan
Charles Wiener, il trisavolo di Gabriela Wiener, è un esploratore huaquero (un saccheggiatore di tombe) che ottiene una certa fama durante l’Esposizione Universale di Parigi. Quel Wiener ha quasi scoperto Machu Picchu, ha scritto un libro sul Perù e ha sottratto più di quattromilacinquecento huacos (ceramiche preispaniche); e un bambino, comprandolo. Un altro figlio suo, forse, è nato in Perù.
Nel museo europeo che ospita la collezione Wiener, oggi, Gabriela Wiener si riconosce nei volti degli huacos saccheggiati dal suo trisavolo, trofei della presunta supremazia europea e bianca. Guardando i suoi lineamenti si domanda il perché di un cognome che le sembra quasi arbitrario e inizia così una ricostruzione e decostruzione di un’identità fatta di abbandoni, gelosie, sensi di colpa, razzismo e patriarcato, vestigia, tradimenti e colonizzazioni.
Tutto questo passa dalla storia di due continenti ma anche da un territorio universale, il corpo; dalla morte del padre e da una storia di poliamore. E da un tentativo di decolonizzare, nella sua vita oggi in Spagna, corpo e relazioni.
La nuova frontiera