Almarina: l’amicizia tra due donne nel romanzo di Valeria Parrella

di Rosaria Di Girolamo per Fenysia Live

Almarina è il nome di una delle protagoniste dell’omonimo romanzo di Valeria Parrella edito da Einaudi, che la scrittrice ha presentato alla Feltrinelli Red di Firenze in occasione dell’Eredità delle Donne insieme a Chiara Dino.
Almarina è una minorenne di origini rumene una detenuta del carcere di Nisida, verso la quale la professoressa di matematica Maiorano dedica molto del suo tempo, non solo per l’istruzione scolastica ma anche per la sua educazione sentimentale. Il romanzo infatti è la storia dell’amicizia tra le due donne, la ragazza e Elisabetta che da poco ha perso il marito.

Come ha raccontato Valeria Parrella il libro è nato in seguito all’esperienza che lei stessa ha vissuto per un corso di scrittura creativa condotto presso le carceri minorili di Nisida. Almarina è un personaggio che non nasce totalmente dalla sua fantasia ma nasconde in piccola parte i tratti caratteriali di una adolescente albanese lì incarcerata.
La narrazione procede secondo il punto di vista dell’insegnante Elisabetta che, come Valeria, si ritiene borghese e sente l’esigenza di vivere tale esperienza per comprendere le discrepanze tra le due diverse contingenze sociali, comprendendo che una volta uscita da quelle mura a chi entra in queste strutture per svolgere attività culturali resta comunque la libertà di scegliere. La scelta è, invece, negata a chi rimane dentro, motivo che ti induce a pensare e a vivere anche un sentimento di colpa.

Per Chiara Dino dalla vicenda emerge il sentimento dell’abbandono. Elisabetta perde il marito mentre i ragazzi di Nisida, indotti dalla vita che conducono in carcere, perdono se stessi. Emerge anche fortemente il tema delle relazioni, non solo quella tra Almerina ed Elisabetta ma anche con gli altri allievi e l’esterno. Il modo con cui sono gestiti i rapporti conserva i caratteri dettati dal contesto geografico e culturale di nascita in cui è calata la storia: la città di Napoli.
Come ha confermato Chiara Parrella, un libro è fatto di lingua e microstorie decidere di nominare o meno il contesto è importante. Il luogo scelto è fondante tanto che è attraverso questa città che Elisabetta si riconcilia con la vita.

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