È che ci disegnano così: la rappresentazione femminile dalla Barbie a Siri

di Sofia Giovarruscio per Fenysia Live
Cinque donne con personalità forti, professioniste in ambiti diversi, sono state le protagoniste del talk “È che ci disegnano così”, che sul palco del Teatro della Pergola ha affrontato il tema della rappresentazione femminile in occasione del festival “L’Eredità delle Donne”.

A confrontarsi su una tematica tanto vasta quanto attuale c’erano le scrittrici Licia Troisi e Teresa Ciabatti insieme a Simona Pedicini, ricercatrice in storia della mistica femminile e Ivana Bartoletti, fondatrice di Women Leading in Artificial Intelligence, un network internazionale di donne che lavorano sull’intelligenza artificiale. Coordinatrice dell’incontro la scrittrice Chiara Valerio, che con non poca ironia ha saputo, con pennellate chiare, dipingere la situazione attuale.

Partendo dalla tecnologia all’avanguardia, come quella delle intelligenze artificiali, che forse tanto futuristica non è.
 “Prendiamo come esempio il riconoscimento facciale: l’errore si riduce man mano che l’individuo scende nella gradazione razziale tra ‘nero’ e ‘bianco’, riducendosi a zero nel caso del maschio bianco – spiega Ivana Bartoletti – una donna nera viene percepita dall’algoritmo come una scimmia.”
Oppure analizzando gli assistenti virtuali come Siri, Alexa, il robot Sofia presentano sempre nomi di donna. Immagini servili che devono essere di supporto nella vita quotidiana degli utenti, entrano nelle nostre case, auto e uffici e si insinuano nell’immaginario.
Voci femminili programmate per rispondere a insulti sessisti in maniera ossequiosa, a volte persino flirtando, donne “da favola”.
“Così come nel mondo fantasy, la donna guerriera fino a qualche anno fa non esisteva, la figura femminile veniva rappresentata sempre seminuda e avvinghiata ad un uomo, attualmente è nato il cliché di eroina, inserita in film e serie tv” racconta Licia Troisi, definita la ragazza del fantasy, ormai famosa grazie alla saga del Mondo Emerso (Le cronache, Le Guerre, Le Leggende). Le eroine dei suoi romanzi presentano un certo spessore, dotate tanto di bellezza quanto di forza, capaci di amare, di odiare, di uccidere, di piangere. Donne complete insomma e non le classiche fidanzate o comprimarie dell’eroe di turno. Figure che spezzano la gabbia dello stereotipo, un qualcosa che non si vede ma di estremamente concreto, che ci permettono di sognare, di impugnare una spada, di combattere i nostri nemici, di affrontare le nostre paure.
Paure che ci portiamo dietro da sempre come bambine, come lavoratrici, come madri e, infine, come donne.
Le donne non possono essere mediocri, non è concesso esserlo. Devono essere all’apice di tutto ciò che fanno, durare il doppio della fatica e divenire sempre più Wonder Woman, in un mondo che invece di aiutarci alza i target di perfezione.
Magre, simpatiche e con un pizzico di stupidità, che non guasta mai. Le classiche Barbie.
“Pensare che Barbie nasce a partire da un’idea di Ruth Handler, moglie di Elliot Handler, fondatore di Mattel. Guardando sua figlia giocare, Ruth notò come i giocattoli a sua disposizione la portassero, tra una carrozzina e un bambolotto, ad identificarsi in un unico ruolo: quello della mamma. Con l’obiettivo di uscire da questo stereotipo e offrire a sua figlia la possibilità di sognare in grande, crea Barbie” spiega la scrittrice Teresa Ciabatti. “Mi piacerebbe vedere come si comporterebbe ora Ruth, vedendo che Barbie ha messo in dubbio tutte le nostre sicurezze. Da pochi anni è sul mercato la Barbie curvy che invece di allargare lo standard di bellezza, spinge a pensare di non voler mai diventare così.”
Risate, battute e affermazioni importanti, che diventano la base per un futuro migliore, ecco cosa ha portato la conferenza “È che ci disegnano così”.
Un pomeriggio passato tra amiche per cambiare gli ideali che campeggiano, che sono un problema prima di tutto morale e culturale: perché le cose non cambiano finché non cambiamo noi. È questa la battaglia più difficile: riconoscersi colpevoli, uomini e donne, per vincere il senso di normalità, poiché il pregiudizio, che affonda le radici internamente, è il più difficile da abbattere.

La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze  in via de’ Pucci, 4