CINEMA COME SPECCHIO DEL MONDO

«L’industria cinematografica è un microcosmo in cui si specchia quel macrocosmo che è la nostra società», le parole delle sceneggiatrice Valia Santella riassumono perfettamente il tema intorno al quale si è sviluppato l’evento “Il senso delle donne per il cinema”, avvenuto nel tardo pomeriggio di sabato 22 settembre presso il cinema La Compagnia. Parlare di come, e soprattutto quanto, le donne nel mondo del cinema siano messe in disparte e non ascoltate è un atto dovuto verso la lotta per le pari opportunità che non deve assolutamente fermarsi.

Maura Misiti, curatrice del progetto DEA, che si occupa di questa disparità nel mondo del cinema, ha mostrato con dati statistici come alla figura femminile non venga riconosciuta la capacità di ricoprire ruoli di potere. Alle donne vengono troppo spesso lasciati compiti che non prevedono creatività e poteri, come la cura dei costumi di scena o l’adattamento dei dialoghi. Lavori nei quali serve dedizione e sistema, l’ultimo esempio, inoltre, continua lo stereotipo che vede la donna costretta a conciliare lavoro e famiglia in quanto l’adattamento dei dialoghi viene spesso fatto da “casa”.

Preziose le esperienze raccontate da Francesca Marciano e Adele Tulli che hanno testimoniato le difficoltà avute nei vari set delle loro carriere. Ruoli come il regista e il direttore di fotografia sono, infatti, per la maggior parte ricoperte da uomini, considerati migliori nel dirigere un’equipe a loro subordinata. Nel corso dell’evento è stato espresso anche un giudizio sulle quote rosa, percepite come idealmente sbagliate ma praticamente utili a continuare quel processo di cambiamento di una cultura ancora troppo chiusa nei confronti dell’emancipazione femminile e a sovvertire le dominanti logiche maschili. È questa la battaglia più difficile: vincere il senso di normalità dietro cui la società si nasconde e che accompagna queste discriminazioni. Il pregiudizio interiorizzato è il nemico più difficile da battere.