Come sarebbe una città progettata da donne? Parte da questa domanda di Serena Dandini la prima serata di apertura del festival “L’Eredità delle Donne” al Teatro della Pergola con il talk-show “La città delle donne”.
Sul palco, tra una battuta e il racconto delle proprie esperienze di vita, Ada Colao, sindaca di Barcellona, Concita de Gregorio, giornalista, Souad Abderrahim, sindaca di Tunisi, Mariapia Ercolini, presidente dell’associazione Toponomastica femminile, Valeria Mancinelli, sindaca di Ancona, eletta miglior sindaco del mondo nel 2018, Valentina Sumini, architetta spaziale, e Doriana Mandrelli Fuksas, una delle architette italiane più conosciute al mondo.
“Mi sono sempre chiesta“, afferma Serena Dandini, “se a qualcuno prima di me fosse venuto in mente di pensare ad una città per le donne, e quindi mi sono messa a cercare su Google. Tra i risultati di ricerca mi son venute fuori cose come qual è il paese delle donne più facili, città ideale per rimorchiare donne italiane o dove organizzare al meglio delle vacanze particolari. Forse ha ragione Valentina Sumini a volersene andare su Marte“.
Sumini, che lavora al MIT di Boston, sta progettando di realizzare un’impresa dal fascino fantascientifico: realizzare il primo insediamento umano su Marte. Un progetto chiamato “Redwood Forest”, una città disegnata ispirandosi alla radici degli alberi, fondamentali per estrarre l’acqua in un habitat ostile, e protezione perfetta anche contro al pericolo delle radiazioni cosmiche.
Doriana Fuksas, invece, progetta sulla terra. Storicamente, si sa che lo sviluppo urbano veniva affidato agli uomini, e ancora oggi spesso il lavoro di donne che operano in questo ambito non viene riconosciuto. “Non è questione di bellezza di edifici e di forma, è una questione di vivere meglio. È di noi essere umani che bisogna preoccuparci, di chi vive nelle città. L’ambiente urbano non è a misura di essere umano, figuriamoci se può essere a misura di donna“, afferma.
Concita di Gregorio si era occupata di questo tema in un suo programma, “Fuori Roma”, battendo il territorio nazionale con originalità: “La città dove torno a essere me stessa è Barcellona. A Barcellona ci sono delle panchine che sono angolate nel senso della conversazione, che permettono di sederti e conversare con chi hai davanti, viene spontaneo, quando ti siedi devi inevitabilmente guardare la persona che è seduta, e c’è sempre una fontana. Questo dovrebbe offrire una città a prova di essere umano, la possibilità di avere un continuo scambio tra le persone“.
Ovviamente, non è detto che sia meglio quando al comando di una città ci siano delle donne, ma forse c’è bisogno del loro sguardo. D’altronde, sono loro che devono coniugare il tempo tra casa, lavoro e figli. C’è da attuare una rivoluzione in questo senso, insomma. E parlando di rivoluzioni, la sceicca di Tunisi – titolo morale frutto di una forte militanza con il quale si fa riconoscere- Souad Abderrahim ne ha fatta una davvero grande. Grande attivista femminile, primo sindaco donna dopo 32 sindaci uomini, ha attuato 15 commissioni di cui 11 sono presiediute da donne. Quando è stata eletta, non sono mancate le critiche da chi si chiedeva come una sindaca donna potesse accogliere il Presidente della Repubblica nella Moschea il ventisettesimo giorno di Ramadan. “Eppure dal punto di vista legislativo nulla impedisce a una donna di farlo. Abbiamo fatto in modo di applicare questo cambiamento presentandoci alla città come una novità inclusiva sotto molti punti di vista“.
Eppure ce ne è voluto di tempo, non solo in Tunisia, ma anche nel nostro paese. Anche la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli è stata la prima donna ad essere eletta sindaco nella sua città. “Abbiamo conquistato il diritto di pensare e di far pensare che ogni donna sia una persona a se stante. Non credo ci sia uno sguardo femminile sul modo di amministrare una città, forse un tratto che può accomunare è il cercare di guardare un po’ più alla vita reale. Io ho avuto molte più difficoltà perché quando mi sono presentata ho annunciato che sarei stata molto diversa dal mio predecessore, sebbene appartenenti alla stessa famiglia politica, non perché fossi donna. Ciò ha generato più polemiche del fatto che abbia eletto i miei assessori in maniera autonoma. Ho nominato una donna al bilancio e al porto, che non sono ambienti propriamente femminili. Non basta essere donna per essere brava, ma se sei donna e sei competente è ancora più difficile“.
Ne sa qualcosa Ada Colau, sindaca di Barcellona, facente parte del primo governo che si dichiara governo femminista. Secondo la Colau, il femminismo non è solo una questione di giustizia di genere, è un’opportunità per vivere meglio tutti, donne e uomini. Le donne rappresentano la metà della popolazione, non devono vivere nella paura di essere uccise o di essere stuprate, hanno gli stessi diritti di scegliere qualsiasi professione e di stare in tutti i luoghi di decisione. Il femminismo è unione: “E’ facile per me affermare questo perché sono mamma di due bambini maschi e credo che i miei ragazzi possano essere più felici in un mondo femminista piuttosto che patriarcale“.
Ma una città a misura di donna richiede anche l’intitolazione di strade a figure femminili. Come siamo messi da questo punto di vista? “Mediamente in Italia solo il 4% delle strade intitolate alle donne, tra queste madonne, sante, suore“, afferma Mariapia Ercolini. “Uno dei toponimi più diffusi è via delle Belle donne, che assume nome diversi in varie città, ma diciamocelo, erano i luoghi dove una volta si incontravano i bordelli. O sante o puttane, non c’è una via di mezzo“.
Di lavoro da fare ce ne è ancora parecchio, ma la società sta cambiando. Le donne stanno alzando la voce, pretendono di essere ascoltate, e magari, entro il 2050, anno in cui si pensa avverrà il primo sbarco dell’uomo su Marte, saremmo riusciti anche noi a trasformare le nostre città terrestri in spazi adatti alle nostre esigenze di esseri umani e donne.
La scuola di Linguaggi Fenysia
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