Il ruolo femminile nella comunicazione visuale è il tema centrale della mostra “Donna è pubblicità”, uno dei tanti eventi del programma Off dell’Eredità delle donne, che resterà aperta fino a domenica 6 ottobre allo studio Stella Battaglia.
Spesso è stato affermato che la pubblicità sia lo specchio della società in cui si vive e che ne rappresenti, pertanto, le idee e i valori più comunemente condivisi e diffusi. L’esposizione, curata dall’agenzia di comunicazione Maginaria, parte da una ricerca durata mesi che viaggia dalla cartellonistica di fine Ottocento per arrivare fino ai giorni nostri, dove ad urlare forte e chiaro è il fatto che lo stereotipo femminile è sempre lo stesso: regine della casa e della sua pulizia.
È il caso di pubblicità come quella del marchio di abbigliamento Van Heusen, in cui lo slogan invita il pubblico maschile a far sapere alle donne che “questo è un mondo da uomini”, oppure quello del marchio di caffè Chase & Sanborn, in cui una moglie viene “aggredita” dal marito per non essersi assicurata che il caffè fosse buono prima di acquistarlo.
Unica differenza sostanziale tra ieri e oggi riguarda l’oggettivazione del corpo: se in passato la donna doveva solamente valorizzare il prodotto oggi la protagonista deve ammaliare, per vendere, emozionare e influire sulla scelta d’acquisto.
É un fenomeno che emerge da anni in diverse campagne pubblicitarie, come per esempio quella di Burger King, in cui le connotazioni sessuali negli annunci a stampa sono evidenti.
Assistiamo ad una frammentazione del corpo femminile senza precedenti.
Il fine è colpire il pubblico, anche a costo di essere spudoratamente invadenti. L’aumento della concorrenza genera scelte di marketing aggressive, a cui seguono delle campagne pubblicitarie senza esclusioni di colpi tra i vari competitor.
Donne giovani, spesso anche in situazioni fuorvianti e distanti dalla realtà, sono sempre state viste dai consumatori come ragazze con pochi valori, e senza un ideale, in poche parole le classiche “belle ma stupide”.
Il problema non è la sessualità, ma la provocazione sessuale.
É necessario divenire capaci di leggere le immagini, di smontarle, di comprendere come funzionano, affinché ci possiamo difendere protestando e denunciando.
Fin dall’infanzia le bambine infatti sono spinte a vedersi come principesse, lontane dal mondo dei maschi dediti a scoprire, costruire, inventare.
Negli ultimi anni molti brand hanno capito che per cambiare uno stereotipo di genere bisogna partire fin dalla rappresentazione della più giovane età, quando le idee e i pensieri iniziano a formarsi. Se una bambina, infatti, si vedrà sempre ritratta come debole e senza aspirazioni, crescerà già con la consapevolezza di non essere mai abbastanza.
Nasce e prende campo così questo nuovo fenomeno: Femvertising, strategia di marketing che pone come obiettivo quello di coinvolgere giovani donne, online e offline, puntando sull’uguaglianza di genere e sulla vera forza delle donne, facendole sentire parte attiva del mondo di oggi.
Già negli anni Novanta il dibattito aveva coinvolto il mondo della pubblicità e dei media, con critiche che riguardavano l’oggettualizzazione del corpo femminile e la rappresentazione di una divisione rigida e tradizionalista dei ruoli di genere. Il femminismo della quarta ondata ha fatto propri i nuovi strumenti della comunicazione digitale, i social in prima linea, per portare alla luce e per far si che che la comunicazione possa proporre modelli femminili alternativi e una rappresentazione della donna contemporanea completa, per combattere barriere e pregiudizi, non solo nella comunicazione virtuale ma anche nel mondo reale.
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’ Pucci, 4