Il 5 e il 6 ottobre (in più repliche) si è tenuto l’incontro dal titolo Il cielo delle donne presso il Planetario della Fondazione Scienza e Tecnica di Firenze, a cura dell’astrofisica Silvia Giomi. L’evento ha avuto luogo nell’atmosfera suggestiva che solo le luci spente e una cupola di stelle del planetario sanno creare. Giomi è lei stessa una donna che ha dedicato la sua vita allo studio della volta celeste, e in tutto il suo racconto si è percepito quanto sia forte la passione che la guida nel suo lavoro.
Spesso nella storia le donne non hanno avuto vita facile quando si parla di scienza in generale e di astronomia in particolare, anzi, si può affermare che vita facile non l’hanno avuta quasi mai. Giomi ha scelto di raccontare la storia di tre donne che per motivi diversi hanno dato con il loro lavoro e le loro ricerche un contributo fondamentale alla ricerca astronomica.
La prima fu Ipazia, vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il 350/70 e il 415. Ipazia arrivò a teorizzare l’eliocentrismo molti secoli prima di Copernico. Sebbene la storia le abbia infine dato ragione, la sua teoria, ipotizzata già dal precedente Aristarco di Samo, è stata poi accantonata per secoli, a favore del sistema Tolemaico in linea con le scritture cristiane, che metteva al centro dell’universo la terra. I cristiani dell’epoca furono anche coloro che uccisero la stessa Ipazia, che pagò con la sua stessa vita il suo essere scienziata in tempi troppo difficili.
Facendo un salto temporale di diversi secoli, Giomi racconta la seconda storia, che è quella di Jocelyn Bell nata a Belfast nel 1943.
Bell fu la prima a scoprire le pulsar, le stelle di neutroni, che emanano un segnale radio che la scienziata fu la prima a individuare. Essendo segnali molto regolari, vennero definiti “Little Green Men” ovvero “piccoli omini verdi”, pensando che fossero emessi da forme di vita intelligenti, in quanto le stelle di neutroni erano fino ad allora (siamo nel 1967) soltanto state ipotizzate. Bell era seguita nelle sue ricerche dal professor Antony Hewish, che ricevette il Nobel per la fisica per la scoperta delle pulsar nel 1974. Bell non fu insignita del premio.
L’ultima storia che Giomi ha raccontato è stata quella di Katherine Johnson, nata in Virginia Occidentale nel 1918. Di origini afroamericane, per lei è stato ancora più difficile affermarsi nel mondo della scienza negli anni della segregazione razziale.
Geniale fin da bambina, i genitori si resero conto delle potenzialità della ragazza e si trasferirono in un’altra contea per permetterle di proseguire gli studi, dal momento che nella sua contea natale ciò non era possibile. Johnson arrivò a lavorare alla NASA, dove svolse il lavoro di “calcolatrice”. C’è lei dietro lo sbarco sulla luna: nel 1959 calcolò la traiettoria per il primo volo spaziale con equipaggio, e suoi calcoli sono stati utilizzati anche per la missione sulla luna dell’Apollo 11 del 20 luglio 1969, di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario.
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’ Pucci, 4