Entrare nel laboratorio di un restauratore è un privilegio che non capita tutti i giorni. Quello di Rossella Lari è un atelier vetrato che sbuca inatteso al primo piano di un cortile interno su Viale Petrarca: «prenda le scale a destra, con le piante ai lati», vi dirà dal citofono prima che varchiate il portone.
Rossella Lari da quarant’anni si prende cura dei maestri del Rinascimento come Filippo Lippi, Botticelli, Pontorno, e del Novecento come Ottone Rosai, Guttuso, Marino Marini, stabilendo con loro un’affettività che il filtro critico dello storico dell’arte spesso trattiene. L’esperienza le permette di parlare con familiarità e competenza dei suoi beniamini, senza infliggervi il gergo tecnico dei restauratori.
Nel 2006 ha restaurato per conto di AWA (Advancing Women Artists Foundation) il Compianto sul Cristo morto di Suor Plautilla Nelli del Museo di San Marco, e da allora non ha mai smesso di occuparsi di una delle rare pittrici di cui parla Vasari nelle sue Vite. Tutti i dipinti finora attribuiti a Suor Plautilla sono stati restaurati da lei. «Il mio primo incontro con la pittrice, in realtà, risale al 1989, quando mi venne commissionata la manutenzione della tela dell’Ultima Cena conservata nel Museo di Santa Maria Novella» racconta, mentre l’odore di solventi e legno accompagna la conversazione in un caldo pomeriggio d’estate. Tela che ha ripreso in questi anni e su cui AWA ha promosso un croudfunding per finire il restauro entro il 2019.
In occasione dell’Eredità delle donne, Rossella Lari apre il suo laboratorio per presentare il restauro della grande lunetta della Crocifissione che Plautilla realizzò intorno al 1570, prima che rientri nel Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto.
Rossella Lari è abituata a immergersi come un palombaro nell’officina di un artista: il suo lavoro paziente e solitario le permette di trovarsi nella stessa posizione in cui si trovava il pittore, di seguirne, dalla pulitura al restauro pittorico, ogni pennellata; di apprenderne esitazioni, tic, segreti.
Che idea si è fatta della pittura di Suor Plautilla, in tutti questi anni di intima frequentazione? «La mia sensazione è di una pittura molto forte, che non si esprime per velature ma a corpo. Il colore è denso, il pennello che lo dà è carico» spiega davanti alla lunetta della Crocifissione. Plautilla non torna sul lavoro svolto, non ha ripensamenti. «Mi sono fatta l’idea che fosse una donna forte e robusta come la sua pittura; non a caso intraprende lavori monumentali. Lavorare su una lunetta come questa Crocifissione è un processo lungo. Si pensi all’Ultima Cena, una tela di due metri per sette. Dipingere una tela del genere è una cosa grandiosa, enorme, faticosa, costosa!». Suor Plautilla è stata tre volte priora del convento di Santa Caterina in Cafaggio. Il suo carattere, la sua autorità, il suo corpo, Rossella Lari li riconosce nel vigore delle pennellate.
Pennellata grossa, semplificazione dell’anatomia dei corpi, ricorrenza delle lacrime sui volti, sono le peculiarità di Plautilla Nelli; ma lo è anche la grande abilità di organizzare una bottega, un gruppo di lavoro. «È un’imprenditrice» chiarisce in una parola Rossella Lari. Le tre lunette conservate nel Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto, di cui fa parte questa Crocifissione, non sono all’altezza dei lavori maggiori di Plautilla, ma sono significative del lavoro di squadra che aveva approntato in convento: «Dalle riflettografie fatte a tutte e tre le lunette (Consegna del Rosario a San Domenico; Santa Caterina che riceve la visione di Cristo; Crocifissione), emerge che non ci sono pentimenti: il che vuol dire che c’era un disegno, una struttura preimpostata da lei, su cui lavoravano le sue aiutanti». Aveva fissato un metodo, una prassi consolidata, una sorta di razionalizzazione tayloristica della produzione pittorica.
Posto che i dipinti di Plautilla siano il frutto di uno sforzo collettivo, e che nell’arte-preghiera l’autografia venga dopo il valore devozionale che esprimono, come distinguere la mano “forte” di Plautilla da quella delle sue aiutanti? «Non è semplice, perché il tempo passa, da un dipinto a un altro, e anche lei può aver cambiato il suo approccio alla pittura. I colori sono quelli della sua tavolozza, ma stabilire chi ha fatto cosa è complicato». Dunque un gruppo di suore-pittrici lavora e vive di pittura. Una produzione vastissima, di cui ancora non si ha contezza. Vasari stesso scrive che non c’era casa di gentiluomo a Firenze che non avesse un dipinto di Plautilla Nelli per la propria devozione privata.
Gli strumenti di lavoro all’interno di questa bottega conventuale erano alcuni disegni di Fra Bartolomeo, che Plautilla aveva ereditato dalla Scuola di San Marco, dei modelli di figure umane di cera o gesso e un manichino di legno: «tutte le mani degli apostoli dell’Ultima Cena di Santa Maria Novella, a mio avviso, sono disegnate guardando un manichino di legno; hanno tutte le stesse dimensioni e rigidità», chiosa Rossella Lari.
Per quanto riguarda la carpenteria dei supporti, Rossella Lari non esclude che ci fosse una preparazione all’interno del convento, ma più verosimilmente ipotizza un contatto con legnaioli esterni. Dietro molte tavole ricorre il simbolo di una specie di ananas, che doveva essere lo stemma di un artigiano, mi spiega. Perciò Plautilla, contrariamente a quanto si possa pensare, aveva contatti con il mondo, se non altro con fornitori, artigiani e forse qualche nobile committente. La clausura nella metà del Cinquecento non era ancora stretta come è diventata dopo.
Difficile stabilire se la semplificazione formale della sua pittura esprima adesione alla spiritualità austera di Savonarola o ingenuità tecnica. «Premesso che siamo in un periodo in cui si deve ancora capire molto della tecnica dell’olio, c’è un intento di semplificazione estetica, in questa pittura casta e devota, che va a coincidere con i mezzi espressivi di un’autodidatta. Questa Crocifissione, per esempio, ha delle sproporzioni evidenti. È vero che non va vista frontalmente ma dal basso verso l’alto, però è chiaro che i piedi del Cristo sono più piccoli del ginocchio», dice Rossella Lari. Affascinante l’iconografia quasi nordica di questa Crocifissione, con un cielo grigio e solo due simboli della passione, la lancia e la spugna. Le fu commissionata da una donna, Arcangela Viola, priora del suo convento.
La riscoperta di quest’artista deve molto alla “magnifica ossessione” di Jane Fortune, scrittrice e filantropa americana, per lei. È grazie all’incontro con Plautilla che ha fondato AWA, un’associazione non-profit che restituisce visibilità alle artiste invisibili. Senza l’impegno concreto di AWA non ci sarebbe stata questa campagna di restauri a tappeto.
Ha più senso parlare di Plautilla rispetto alla storia dell’arte o rispetto ai gender studies? «Per me si deve parlare comunque di tutti e di tutto. Conservare tutti i dipinti che fanno parte di un patrimonio e ci permettono di ricostruire un contesto», precisa Rossella Lari. Attraverso la sua pittura, mi spiega, si capiscono molte cose anche della vita di un convento come luogo di creatività e non necessariamente di reclusione come lo immaginiamo adesso.
Il fatto che fosse una suora l’ha agevolata nella sua carriera d’artista?
«Certamente, altrimenti come avrebbe fatto a comprare tutti i pigmenti che le servivano per realizzare quadri di tali dimensioni? Solo in convento poteva esercitare con magnificenza la sua arte, avere dei committenti, dotarsi degli spazi necessari per organizzare una bottega, formare le sue consorelle».
L’ARTE DELLE DONNE: IL RESTAURO DELLA CROCIFISSIONE DI SUOR PLAUTILLA NELLI
Laboratorio di Restauro di Rossella Lari
La direzione del restauro è di Cristina Gnoni Maravelli e Fausta Navarro
23 SETTEMBRE
Visite guidate gratuite con prenotazione obbligatoria
primo turno: 09:30 – 10:15
secondo turno: 10:30 – 11:15
terzo turno: 11:30 – 12:15
PARTECIPAZIONE GRATUITA CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’Pucci, 4