In occasione del festival L’Eredità delle Donne il Museo Horne di Firenze ha ospitato l’evento “Le ossessioni della Granduchessa, lettere inedite di Bianca Cappello”: una visita guidata al palazzo di via dei Benci che ha permesso ai partecipanti di ammirare una parte solitamente chiusa al pubblico del museo, ovvero la biblioteca, oltre che di poter beneficiare della lettura di alcune delle lettere inedite della Granduchessa di Toscana Bianca Cappello, morta nel 1587. Guidati dalla sapiente voce di Emma Matteuzzi, il gruppo ha avuto l’opportunità di visitare il museo Horne prima di arrivare al cuore vero e proprio dell’evento. Ciò ha permesso di comprendere meglio in che modo si è arrivati a ottenere le lettere del personaggio protagonista della giornata: Bianca Cappello.
Il museo Horne prende il nome da Herbert Horne, che nel 1911 acquistò l’allora Palazzo Corsi per farne la sua dimora e il luogo dove raccogliere la sua collezione di opere d’arte. Innamorato delle opere di Botticelli, il collezionista inglese decise di fermarsi a Firenze e di stabilirvi la sua raccolta di dipinti e oggetti di pregio. Per via delle sue disponibilità economiche non particolarmente fiorenti, si dovette accontentare di “opere bellissime di artisti minori o di opere incompiute o minori di grandi artisti”, ha affermato Matteuzzi. Iniziò a ristrutturare il palazzo, intenzionato anche a farne la sua dimora, ma morì di tubercolosi solo cinque anni dopo essersi stabilito a Firenze, senza riuscire a terminare i lavori e senza essere di conseguenza in grado di andare a viverci. Il collezionista lasciò in eredità il palazzo alla città di Firenze, con la disposizione che fosse creata una fondazione a suo nome “a beneficio degli studi”. Grazie al suo dono oggi possiamo ancora visitare un Palazzo arredato sullo stile rinascimentale e godere di opere di Giotto, Filippino Lippi, Giambologna, Simone Martini e tanti altri.
Fu proprio nell’ambito della ricerca delle opere per la sua collezione che Herbert Horne si imbattè nelle lettere della Granduchessa Bianca Cappello, che acquistò per annetterle al suo archivio. Grazie a un’illuminante introduzione della direttrice del museo Horne Elisabetta Nardinocchi, è stato possibile per il pubblico capire meglio chi fossero Bianca e suo marito Francesco I de Medici. I due si sposarono in seconde nozze, ma non riuscirono mai a concepire un figlio insieme. La gravidanza divenne una vera e propria ossessione per la Granduchessa, tanto che si rivolse ai migliori medici e ostetriche dell’epoca, addirittura ricorse anche alla magia, ma, appunto, senza risultato. I due coniugi morirono il 19 e il 20 ottobre 1587 a distanza di un solo giorno l’uno dall’altra in circostanze misteriose. Per molto tempo si è creduto a un avvelenamento, ma recenti studi hanno dimostrato che entrambi morirono di febbri malariche.
La Granduchessa scriveva moltissime lettere, conservate nel copialettere recuperato da Horne e ancora inedito. La sua corrispondenza vedeva tra i destinatari figure anche molto importanti dell’epoca, come Torquato Tasso e Francesco Bembo. L’evento organizzato nell’ambito del festival L’Eredità delle donne si è concentrato su alcune lettere di corrispondenza della donna con la sua famiglia di origine a Venezia, soprattutto al padre e al fratello, dove parlava soprattutto della sua ossessione per la gravidanza. Le lettere selezionate sono state lette dall’attrice del Teatro delle Donne di Calenzano Silvia Lori, che ha declamato le parole della Granduchessa riportando il pubblico alle atmosfere rinascimentali e facendolo calare nella mente di una donna tormentata dal pensiero di da una gravidanza mai arrivata.
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’ Pucci, 4