Mi sono innamorato/a di una statua: dialogo tra Stendahl e il David di Michelangelo

di Alessandro Mecarocci per Fenysia Live

Nel salone Martino V della Fondazione Santa Maria Nuova di Firenze in occasione dell’Eredità delle Donne è andato un scena un immaginario dialogo a tre voci ambientato nel cuore della città. Lo scrittore francese Stendahl, grande amante dell’Italia, descrive le impressioni che lo accompagnano nel viaggio che nel 1817 lo porta a visitare il capoluogo toscano. Il dialogo si apre dunque prefigurandosi come una sorta di cammino compiuto da un illustre turista che fa tappa in ogni luogo di Firenze capace di smuovere la sua sensibilità estetica. Dopo aver però visitato la basilica di Santa Croce egli è colto da un insolito stato di malessere fisico che si sostanzia in un aumento delle pulsazioni e in un senso di vertigine da cui riesce solo in parte a riaversi grazie alla lettura di qualche passo di Foscolo.

A questo punto fa la sua comparsa nel dialogo la figura di Graziella Magherini, la psichiatra fiorentina che negli anni Ottanta descrisse e definì la cosiddetta Sindrome di Stendahl. Che cosa sia la celebre sindrome è noto ma il dialogo si sviluppa in una serie di battute volte proprio a sottolineare il perché questa particolare condizione insorga. Ogni anno, infatti, non solo a Firenze ma in tutto il mondo sono documentati innumerevoli casi di malessere causato dalla visione estatica di opere d’arte. Il profilo di chi viene colpito presenta in tutti i casi evidenti caratteristiche comuni: sono tutti stranieri, in viaggio e in salute al momento della partenza. Si tratta perciò – spiega il personaggio della psichiatra – di una sindrome complessa che può presentare tre stadi di gravità che va dalla semplice ansia, panico e senso di irrealtà in un primo momento, per poi tramutarsi in depressione e angoscia con crisi di pianto e d’euforia e infine, all’ultimo stadio, una vera e propria alterazione della percezione. In tutto ciò i fattori che condizionano questi stati sono la storia personale di ognuno di noi, il viaggio e l’immersione in un ambiente particolarmente intriso di carica artistica ed estetica.

Per ultimo, il terzo personaggio del dialogo si presenta come il maggior responsabile dell’insorgenza di questi stati nei turisti: il David di Michelangelo. La perfezione delle forme del David in cui il marmo pulsa di vita ancor più che nella carne viva seduce l’osservatore gettandolo in condizioni in cui si alternano nostalgia e euforia.

Neppure il padre della psicoanalisi Freud, in visita a Roma, rimase immune alla potenza visiva ed espressiva della statua marmorea di Mosè e anche lui sperimentò i sintomi della sindrome di Stendahl.

Il breve dialogo tra  questi tre personaggi così lontani nel tempo eppure accomunati da questa esperienza così unica riesce a chiarificare come la sindrome di Stendahl non sia altro che l’espressione fisica di un particolare moto interiore nell’esperienza del turismo dell’anima.

La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’ Pucci, 4