Ilaria Maria Dondi, direttrice di Robadadonne.it, in occasione del festival “L’Eredità delle Donne” ha presentato al Caffè Letterario Le Murate di Firenze un evento dall’impatto molto forte. “Quanto vale la vita di una donna?” non è solo il titolo dell’evento che si è tenuto ieri sera, ma è anche il nome scelto per un documentario presentato durante la serata alle Murate che uscirà ad autunno 2020. Il lettore si chiederà, in che senso “quanto vale?”: la vita umana è talmente preziosa da non avere prezzo. E invece, un prezzo ce l’hanno le vite delle donne picchiate, sfigurate o uccise dai loro mariti, fidanzati, padri. Il loro valore secondo lo stato italiano è praticamente irrilevante. Poche migliaia di euro di indennizzo per un volto sfigurato, un figlio rimasto orfano di madre per mano del padre, una madre che ha perso la figlia.
Le storie raccontate sono state diverse: quella di Laura Russo, uccisa dal padre nel sonno a 11 anni. Quella di Giordana di Stefano, uccisa dall’ex nel 2015. E tante, purtroppo, tante altre.
All’evento moderato dalla Dondi hanno partecipato due donne dalla forza straordinaria: Gigliola Bono, madre di Monia del Pero, uccisa nel 1989 a 19 anni dal fidanzato e Paola Alberti, madre di Michela Noli, assassinata a 31 anni nel 2016 dall’ex marito.
Le due donne hanno raccontato al pubblico quanto valeva la vita delle loro figlie: 7200 euro è il risarcimento che spetta alle famiglie delle vittime di questo tipo di omicidio. Poche migliaia di euro, appunto. Si può pensare che quando si perde un figlio i soldi siano l’ultima cosa a cui si pensa, ma Gigliola ha raccontato: “un indennizzo riconoscerebbe almeno che c’è stato un danno. Io sono 30 anni che lotto, ho già speso oltre 40mila euro di spese legali ma vado avanti. Lo faccio per Monia e per tutte le vittime, perché, in ogni caso, anche se le leggi cambiassero, non sarebbero retroattive.”
Gigliola ha raccontato anche come l’accesso a questo indennizzo non sia per nulla facile: “bisogna aspettare tutti e tre i gradi di giudizio, e appunto, le spese legali spesso superano quello che spetterebbe come risarcimento”.
Nel teaser del documentario, proiettato all’inizio dell’evento Parvinder “Pinky” Aoulakh, ragazza di origini indiane sfigurata dal marito che le ha dato fuoco racconta come il servizio sanitario nazionale le ha passato solo tremila euro di spese mediche, tutto il resto è considerato intervento estetico, e quindi a carico della vittima.
Eppure, l’Unione Europea con la direttiva 80 del 2004 aveva stabilito che l’indennizzo alle vittime di reato dovesse essere “equo e adeguato”. Con la legge 122 del 2016 l’Italia ha recepito questa direttiva stabilendo gli importi di 8200€ di risarcimento per gli orfani di omicidio, 7200 euro per le vittime del reato di omicidio e 4800 euro per le vittime di violenza sessuale (se non ci sono attenuanti). Gigliola e Paola si sono chieste e hanno fatto riflettere il pubblico sull’adeguatezza di questi indennizzi.
Le donne hanno poi raccontato la storia delle loro figlie, Monia e Michela, uccise barbaramente da chi diceva di amarle. Paola, la madre di Michela, ha anche scritto un libro, “Io, Michela”, dove racconta la vicenda della figlia come se a scriverla fosse lei. Realizza anche dei ritratti della figlia, che, racconta “faccio perché così mi sembra di accarezzarla”.
Sicuramente hanno accarezzato con la loro forza ma anche con la loro dolcezza il pubblico che, commosso, ha seguito con trasporto le testimonianze delle sopravvissute, coloro che sono rimaste.
Non esiste un programma di recupero per le famiglie delle vittime, quando invece esiste per i rei, una volta terminata la condanna. Mai durante l’evento si è insinuato che questi programmi non debbano esserci: quello che chiedono le sopravvissute, le madri, i padri, le famiglie delle vittime di femminicidio, è invece giustizia e supporto. Un trattamento equo, che si prenda cura anche delle vittime, che ad oggi, nel nostro paese non esiste. “Nessuna istituzione ha mai bussato alla mia porta per sapere se avessi bisogno di qualcosa”, ha affermato Gigliola.
Queste madri a cui sono state strappata le figlie hanno dichiarato che andranno avanti, che non si fermeranno nella loro battaglia per la giustizia. Non si può che essere grati davanti a una tale forza di volontà, dettata fondamentalmente dall’amore. Un amore vero, puro: quello di una madre per la figlia, che è morta per mano di chi diceva di amarla, e che invece, l’ha uccisa.
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’ Pucci, 4