Che rapporto abbiamo con la storia della nostra vita? Quando la raccontiamo agli altri, e tanto più quando la raccontiamo a noi stessi, dovremmo sforzarci di essere obiettivi, di trovare una verità neutra, accettabile secondo i criteri di una corte di giustizia, o dovremmo piuttosto liberare la nostra immaginazione narrativa e concederci il piacere dell’invenzione? La verità storica può coincidere con la verità poetica?
Maria Caterina Frani in Riguardo A., prova a rispondere a queste domande con un emozionante monologo di un’ora, in cui racconto orale, suggestioni letterarie e Storia trovano un equilibrio possibile tra memoria, finzione e flusso di coscienza.
Riguardo A. nasce dall’incontro tra l’attrice e regista Maria Caterina Frani e “Qualcosa da dire”, progetto di arte partecipata per una cittadinanza attiva nel quartiere 1. In questo contesto arriva la vera storia di A. Per caso – ma il caso non esiste, dicevano i surrealisti! – Frani conosce A. in un mercatino natalizio. Cominciano a parlare. Scatta qualcosa di simile a un’epifania, tra loro. L’attrice percepisce che dietro al riserbo, dietro ai grandi occhi di A., si cela una storia che vale la pena di ascoltare, magari di rappresentare. Da quel momento in poi, per due anni, si incontrano, dedicando il loro tempo migliore a quello che diventa un progetto vero e proprio.
Dalle conversazioni con A. discende il monologo. Per dargli la giusta misura tra narrazione autobiografica e scrittura drammaturgica, Frani si fa aiutare da Stefania Zampiga, poetessa prima che drammaturga. Il racconto di A., una donna qualunque con una storia esemplare, diventa il punto di partenza per una riflessione sul femminile, con le sue opacità, le sue contraddizioni, le sue ombre. Una storia che Frani e Zampiga fanno reagire con il romanzo d’esordio di Clarice Lispector, Vicino al cuore selvaggio, che funziona da contrappunto, impalcatura invisibile su cui posare le parole di A.
Maria Caterina Frani, dopo anni di sperimentazioni e messa in crisi del dispositivo teatrale tradizionale incardinato sul testo, riscopre il piacere della parola. La parola come ricomposizione del caos, reinvenzione della realtà, come scommessa per ritrovare una relazione intima col pubblico. E lo fa con la responsabilità, la sensibilità di chi si fa carico del racconto di una vita che non è la sua, rispettandone ferite e silenzi.
A. è una donna come tante. Sembra subire passivamente gli eventi, ma con una disponibilità, una capacità di adattamento, una resilienza, che le permettono di sopravvivere. A. è soprattutto prensilità di sguardo: una macchina fotografica con l’obiettivo aperto, che registra tutto senza pensare; perché la vita viene prima del pensiero. La sua infanzia si svolge tra l’ex-convento di Sant’Orsola, a San Lorenzo, nel cuore della città, negli anni del dopoguerra in cui diventa un ricovero per sfollati di tutte le provenienze, e l’istituto di suore dove viene mandata a fare le scuole. Due luoghi antitetici: uno aperto alle contaminazioni linguistiche, culturali e sociali; l’altro un’istituzione totale, dove A. è sottoposta alla repressione metodica e arbitraria della propria femminilità. Il suo corpo attraversa architetture fisiche e mentali, dentro una Firenze accogliente e coercitiva. Sullo sfondo l’Arno, fiume dal carattere indocile che nel novembre del 1966 straripa. L’alluvione è una catastrofe, ma porta in città una ventata di novità: giovani da tutto il mondo arrivano per mettere in salvo il patrimonio di dipinti, libri e beni artistici sommersi dal fango. A. ne è affascinata e incuriosita. Con lo stesso atteggiamento di apertura accoglierà la contestazione studentesca del Sessantotto, le prime rivolte femministe, il passaggio riflessivo degli esistenzialisti, i primi amori.
Vent’anni di Storia attraverso gli occhi di A., cui Maria Caterina Frani presta il corpo e la voce, in uno straordinario gioco di adesione e distacco, emotività e ironia, nella scena nuda del Vestibolo di San Giovannino dei Cavalieri di Malta, illuminata dalle luci di Enzo Fascetto Sivillo. Un corto circuito in cui testimonianza, ricordo, tensione civile e accensioni liriche, permettono all’attrice di essere dentro e fuori al personaggio, dentro e fuori i diversi piani del racconto.
Riguardo A. è un progetto prezioso. Origina da un incontro, un dialogo che, senza voler essere psicoanalitico, restituisce al rapporto tra due persone, tra due donne, il valore trasformativo, creativo, di rispecchiamento reciproco e di reciproco ascolto che dovrebbe avere. Al di là del gesto artistico. Un gesto messo al servizio di un lavoro maieutico paziente e scrupoloso, finalizzato alla ricerca della migliore produzione di pensiero di A. Un pensiero incarnato dalla voce vibrante di Maria Caterina Frani e riconsegnato, attraverso un’estetica altissima, a chi una voce non l’ha mai avuta.
RIGUARDO A. – FESTIVAL OFF
Con Maria Caterina Frani
In collaborazione con l’Associazione Via San Gallo e il progetto “Qualcosa da dire”
22 settembre ore 19,00
Chiesa di San Giovannino dei Cavalieri
Via San Gallo, 66 Firenze
PARTECIPAZIONE GRATUITA PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
Per informazioni e prenotazioni:
[email protected]
3473470663
Con Maria Caterina Frani
Drammaturgia originale: Stefania Zampiga
Disegno luci: Enzo Fascetto Sivillo
Costumi: “Qualcosa da dire”
Regia: Maria Caterina Frani
In collaborazione con l’Associazione Via San Gallo e il progetto “Qualcosa da dire”
Ph. Credit: Enrico Gallina
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’Pucci, 4