Valorizzare il contributo apportato dal genere femminile ai progressi della scienza moderna, troppo spesso oscurato da un dominio tutto maschile delle scene e dei palchi internazionali. È stato questo il tema al centro dell’incontro “Scienziate da Nobel”, che al Teatro della Pergola di Firenze ha messo a confronto quattro donne illustri.
Condotte dall’eclettica e irriverente Gabriella Greison, l’astronoma e astrofisica Sandra Savaglio, la ricercatrice Elisabetta Baracchini e la genetista Nicole Soranzo hanno affrontato apertamente il problema del “sovranismo” di genere, ricordando proprio quelle scienziate – tra cui Emmy Noether, Rosalind Franklin e Mileva Maric, solo per citarne alcune – che, proprio in quanto donne, sono state dimenticate dalla storia a causa di un pregiudizio di genere che, ancora oggi, sembra pervadere la nostra società a beneficio del solo genere maschile.
A lanciare l’evento, ci ha pensato Letizia Scacchi, architetto romano dai toni caustici e umoristici, con un pezzo esilarante tratto da “La Scienza Coatta”, libro di cui lei stessa è co-autrice. A seguire, gli interventi di Sandra Savaglio e della ricercatrice Elisabetta Baracchini hanno portato esempi di vita professionale, tra quotidiana svalutazione del lavoro femminile e molteplicità dei ruoli in cui le donne, per convenzione morale, non riescono a emergere.
Il dibattito è ruotato attorno a quelle differenze di genere che fanno sì che uomini e donne si sentano più o meno legittimati a parlare e a essere ascoltati: là dove l’uomo in campo professionale dimostra sempre una certa autorevolezza nel proprio modo di parlare, connaturata nel suo essere “uomo”, la donna deve spesso rimboccarsi le maniche e raddoppiare i suoi sforzi per auto-legittimarsi, e spesso ciò non è nemmeno sufficiente a concederle la grazia dei riflettori. L’impressione è che non importa quanto grande sia il contributo che si fornisce alla propria società: in un modo o nell’altro, l’ombra del sistema patriarcale tenterà sempre di sottomettere la donna a quelle leggi implicite che la vogliono su un piedistallo inferiore, relegata anonimamente negli uffici e nei dimenticatoi anche quando meriterebbero altrimenti.
Ma, almeno in questo senso, i segnali che provengono dal mondo del lavoro sembrano annunciare un cambio di rotta che lascia ben sperare: la voce delle donne romba sempre più forte, sicura delle proprie potenzialità di vita, decisa più che mai a ristabilire quegli equilibri di potere dai quali esse paiono eternamente escluse, tentando di sensibilizzare e di scuotere una società che non intende uscire troppo dai propri binari conservatori. E gli uomini? Gli uomini stanno a guardare, divisi tra chi, per buon senso di giustizia, sostiene l’onda femminile e chi, compiacendosi delle proprie posizioni sessiste di comodo, giustifica il patriarcato con una nota di nostalgia verso una società che non c’è più.