Se cercate gli orari sul sito ufficiale, trovate scritto che il cimitero evangelico agli Allori è aperto, nei mesi da aprile a settembre, dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 15,00 alle 18,00. Perciò, arrivare di pomeriggio un po’ prima delle 17,00, dovrebbe garantire il tempo di una visita di almeno un’ora. Invece, succede di trovare al cancello un uomo che con un sorriso soave, occhi scuri, capelli scuri, braccia robuste, vi spiega che il cimitero è chiuso di pomeriggio, indicandovi con l’indice l’orario su un cartellino sbiadito all’ingresso: 8,30-12,30.
Appellandovi all’infallibilità di internet, del sito ufficiale del Cimitero Evangelico, cercate di impietosirlo: avete fatto tanta strada in scooter, avete attraversato la città fendendo l’aria infuocata di agosto, siete accaldati, non potete fare marcia indietro. Lo implorate di farvi entrare comunque, solo per pochi minuti. Siete determinati a insistere, a inscenare una crisi di nervi, se necessario. Non lo è: il custode vi mostra ancora i suoi giovani denti bianchi e vi lascia passare. Vi permette perfino di parcheggiare lo scooter all’interno. A condizione di non chiudere ma di accostare il cancello, «sennò rimaniamo chiusi dentro», dice, visto che non ha le chiavi. Voi avete una Vespa Primavera e lui un Mercedes nero con tanti crocifissi colorati appesi allo specchietto retrovisore. Del perché un custode non abbia le chiavi di un cimitero è una possibilità che non approfondite: l’importante è essere entrati. Del resto non vi ponete domande superflue in un luogo del genere. Quasi non ricordate nemmeno perché era così urgente entrarci proprio questo pomeriggio. Ah sì, per cercare la tomba di Oriana Fallaci, sepolta qui con gli altri acattolici di questa città: valdesi, evangelici, luterani, cristiani ortodossi, episcopali. Sepolti qui, in questo dolce declivio sulla Via Senese, tra Firenze e il Galluzzo, in un podere acquistato nel 1869 da un consorzio di cinque chiese evangeliche fiorentine, chiamato “agli Allori” per via di un boschetto di alloro che una volta doveva essere lì.
Posseduti. Ecco. Vi sentivate posseduti da un’urgenza: cantargliele a Oriana! Esprimerle tutta la vostra cordiale antipatia.
Oriana Fallaci sarà omaggiata con un reading da Valeria Palumbo, giornalista scrittrice e storica delle donne, esattamente al Cimitero agli Allori la mattina di sabato 22 settembre. Per questo, superando un’invincibile ripulsa, vi siete rilette le sue interviste, avete ripreso in mano La rabbia e l’orgoglio e, soprattutto, quella lettera scritta a Pasolini subito dopo il suo assassinio, nel novembre del 1975, zeppa di frasi come «non è stato quel diciassettenne a ucciderti, sei stato tu a suicidarti servendoti di lui», o come «…io innamorata della vita e tu innamorato della morte», buone solo ad alimentare il cliché del Pasolini maudit e mortuario.
Prima di tutto cercare la sua tomba. È lì che le farete un discorsetto. Superata la grande cappella dell’ingresso, punto più basso del cimitero da cui con uno sguardo abbracciate tutta la collina, cominciate a salire su per il declivio. Le tombe sono disposte su terrazze a emiciclo. Si tratta per lo più lapidi o croci. Pochissimi i monumenti e le sculture. Man mano che salite da uno dei tre sentieri radiali verso il loggiato che delimita in alto la collina, vi sentite come risucchiati dal luogo. Ogni punto di vista vi permette di avere una percezione onnicomprensiva di questa città dei morti: ovunque siate ne cogliete estensione e confini. Come foste nella cavea di un anfiteatro romano completamente verde. Il rapporto tra il costruito e la natura è tutto a vantaggio della natura. Fate un po’ di su e giù, camminate lungo la curva naturale delle terrazze, per godervi la sensazione di essere costantemente partecipi del tutto. Alcune tombe sono in stato di abbandono e i nomi sono illeggibili. A valle trovate le tombe di Leonardo Ricci e Leonardo Savioli, architetti razionalisti, intrepidi sperimentatori della tecnologia del cemento armato. Vi fermate commossi davanti alla tomba di Roberto Longhi, padre delle critica d’arte italiana. Salite e riconoscete quella di Hans Joachim Staude, artista e intellettuale tedesco di formazione, maestro di don Lorenzo Milani quando aveva deciso di iscriversi all’accademia di Brera, prima di entrare in seminario, padre di Angela, moglie di Tiziano Terzani. Poi incontrate le lapidi degli eccentrici collezionisti Frederick Stibbert e Lord Harold Acton; di Bernard Berenson, raffinatissimo connoisseur e mercante d’arte; dell’artista Arnold Böcklin, famoso per la sua Isola dei morti. E ancora di Bernhard Seeber, fondatore della storica libreria; degli editori Giulio Cesare Olscki e Giacomo D’Anna. Vi inchinate davanti alla grandezza di questi personaggi che arrivando dalla Svizzera, dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra, dalla Germania, dall’Olanda, dalla Russia, scelsero Firenze come città in cui vivere e morire. Appassionati d’arte, imprenditori, albergatori, banchieri, filantropi. Ma anche governanti, cameriere, bambinaie, venute a Firenze per prestare servizio nelle case di questi espatriati sposati con italiane. Della Fallaci nessuna lapide ancora. Percorrete le terrazze a emiciclo più volte, in lungo e in largo. Vi affacciate sulla promenade del loggiato in cima, unica concessione architettonica a un cimitero giardino, adesso transennato per pericolo di crollo. Scendete di nuovo a valle, setacciate tutte le tombe della sezione nuova; il sole, attraverso i cipressi, le illumina a tratti. Niente Fallaci.
L’uomo dal sorriso soave, intanto, ha piantato un ombrellone giallo accanto a una tomba e si è messo a scalpellare una lapide. Vi avvicinate per chiedergli dove si trovi la tomba di ‘Oriana Fallaci, scrittore’. Con candore vi risponde di non saperlo: «io mi occupo solo di questa», e indica la porzione di prato sotto l’ombrellone. Vorreste fargli altre domande, sapere di più di lui, della lapide che sta scalpellando, del morto cui sta incidendo il nome, ma questo giovane col sorriso da Kuros greco, ha uno smartphone posato su una tomba accanto a sé e, mentre lavora, parla una lingua incomprensibile con una donna che gli risponde in viva voce. Siete così commossi in questo luogo del silenzio – in parte interrotto dalla conversazione del giovane con la sua donna – così beati in questo straordinario archivio di memorie, che vi stendereste sul prato a guardare il cielo. A questo punto se trovaste la tomba della Fallaci, sarebbe solo per ringraziarla di avervi condotto lì. Per dirle che la sua libertà di giudizio, la spudoratezza, l’audacia della sua scrittura vi mancano. Che vi mancano i suoi articoli biliosi, con dentro le sue idiosincrasie, i suoi sentimenti, la sua voce da fumatrice, il suo corpo scattante, la sua irascibile, ironica fiorentinità. Che il suo gettare il corpo nella lotta è quanto di più corsaro e luterano possa esserci. E che se la sua tomba non si trova è perché è mescolata alle altre, indistinguibile da quella di altre donne non illustri, madri di famiglia e cameriere. Vorreste esprimerle il vostro rimorso per l’avversione che provate per lei, confessarle che è solo invidia. Se solo la trovaste.
Ph. Credit: Agnese Aloisio per Fenysia Live
CIMITERO DEGLI ALLORI
LA SPOON RIVER DI FIRENZE
Visite guidate gratuite con prenotazione obbligatoria
SABATO 22 E DOMENICA 23
Con Elena Stancanelli e Valeria Palumbo
La scuola di Linguaggi Fenysia
si trova a Firenze in via de’Pucci, 4